da così 
a così
Questo post è un po’ una “summa” delle possibili lavorazioni legate alla posa del mosaico di rivestimento e nasce con l’idea di documentare un lavoro complesso di trasformazione di una vecchia piscina di forma estremamente irregolare in una elegantissima vasca artistica con disegni di ispirazione romana. Ma siccome i problemi da risolvere sono stati moltissimi, nasce anche per condividere lo sforzo fatto con eventuali colleghi…
S.Francisco, CA, a.D. 2013
Ecco alcune foto che documentano lo stato in cui si trovava la piscina dopo che era stato scalpellato via lo spesso strato di “plaster” che la ricopriva:
e infine il “piombo” su una parete tonda dove sarebbe dovuta essere applicata la greca a pelo d’acqua:
il tutto su superfici quasi tutte a doppia curvatura: non male come punto di partenza per mosaico di marmo anticato su rete con tessere da 15 mm e svariati decori di precisione!!!
Ma non è tutto, giocando ai problemi si poteva enumerare:
– la piscina era circondata da un’arenaria francese chiarissima delicatissima e costosissima
– era in mezzo a un giardino scosceso e si accedeva solo per un viottolo a serpentina di diverse decine di metri
– i materiali erano completamente diversi da quelli abituali italiani
– gli attrezzi erano diversi da quelli italiani
– nessun capocantiere o impresa di riferimento
– la temperatura passava dal freddo del mattino e della sera al caldo torrido del pomeriggio.
UNA BELLA SCOMMESSA, NON E’ VERO?
ma tutto è bene quel che finisce bene…
FASE UNO: REGOLARIZZAZIONE E RICOSTRUZIONE DEL FONDO
Pare che i mosaicisti locali si siano rifiutati di accettare il lavoro: uno dei motivi è probabilmente che prima del mosaico e dell’impermeabilizzazione si rendeva necessario un pesante lavoro di regolarizzazione, che oltre a riempire e livellare i vuoti e le irregolarità della superficie scalpellata, sul fondo ha preso i connotati di una vera e propria “ricostruzione” finalizzata a ridurre il più possibile le curvature. Se per le pareti si poteva procedere “a strisce” (l’unica modalità di posa possibile quando ci si trova davanti una superficie a doppia curvatura) il fondo doveva risultare più piano possibile in modo da procedere per fogli interi, così da poter inserire i decori, 18 delfini di mosaico artistico di un metro di lunghezza, che andavano posati scontornando il mosaico circostante e che erano rigidi…
E quindi via ad una rasatura con cemento speciale per ricostruzione, a spessore, super adesivo e super rapido (sigh! esisteva in commercio una polvere slower, rallentante, che funzionava benissimo con le temperature del giorno, ma dopo i primi pacchetti non è stata più reperibile in nessun negozio dei dintorni: eh, sennò era troppo facile…)
qui sopra si vede l’effetto della regolarizzazione sulla parete; in particolare sulla “torre” si è creato il necessario “piombo” con un riempimento di cemento fino a 6 cm di spessore;
qui sopra si notano la rottura dei gradini in modo da ricreare la stondatura, la creazione del piano in bolla sulla pedata dei gradini, e anche il particolare trattamento riservato a tutti gli inserti: scalzamento, creazione di una gola di circa 5 cm di profondità col fibrocemento, e riempimento con un cordolo di apposito silicone ad espansione;
qui si nota uno dei più nutriti riempimenti delle pareti;
e questa è la fase di creazione della guide (dopo una complicata analisi di tutte le pendenze presenti…)
riempimento delle guide;
rigonatura;
creazione degli scarichi su misura per gli accessori previsti (cercando di “ricentrarli” il più possibile rispetto al fondo e al disegno);
il fondo della jacuzzi era costituito da uno strato di cemento non adeso al plaster sottostante; si è proceduto a toglierlo
e ad utilizzare come ancorante la colla “full latex”, su cui a fresco si è steso fibrocemento e poi ancora, sempre a fresco, il cemento speciale;
siccome il cemento speciale era a grana grossa, per evitare eccessivo spessore e irregolarità di impermaebilizzante e preparare un fondo ottimale è stata eseguita una rasatura con colla a grana media.
FASE DUE: IMPERMEABILIZZAZIONE
Beh, a questo punto come non notare che l’impermeabilizzante tanto decantato come eccezionale prodotto di ultimissima generazione aveva la stessa facilità d’uso del vecchio Mapelastic italiano, la ben nota bestia nera di tutti gli impermeabilizzatori, cioè: zero! Speriamo almeno che tanta innovazione stia almeno nei requisiti tecnici!
Ma per fortuna, pur lavorando solo al mattino e alla sera per le temperature quasi proibitive, sapevamo domare la bestia…
si comincia dalle pareti…
inserendo la rete con la prima mano
ma quasi ovunque occorre procedere a pezzi
in particolare sulle concavità
ma per fortuna sul fondo
si fa moolto più veloce!!!
dopo la seconda mano e qualche giorno di maturazione si può avviare
la prova di tenuta !
Poco più di un millimetro in quasi due giorni: prova superata.
FASE TRE: RASATURA A COLLA E MISURAZIONI
A questo punto – e la cosa incuriosisce e stupisce sempre i profani – la piscina, che da grigia è diventata completamente nera,
ridiventa bianchissima:
un po’ più di cura e di strati sui gradini
e poi si passa a tracciare i livelli col laser:
e a inventare e disegnare i raccordi
FASE QUATTRO: E FINALMENTE SI POSA!!!
…cominciando dalla zona “asciutta”, in quanto tra la pietra e la greca non è possibile tagliare a vista, la zona di marmo rosso può solo essere stretta o allargata, e quindi è il livello della greca nella zona “torre” che comanda tutto:
in questo caso abbiamo dovuto stringere – per quanto sia possibile farlo con materiale su rete…
A questo proposito, se c’è qualche visitatore che si sta informando per progettare una piscina, sappia che
in piscina è meglio utilizzare mosaico montato su carta sul lato a vista,
e va possibilmente evitata la posa di materiale su rete al retro, soprattutto in presenza di zone curve.
le ragioni sono molteplici:
1 – Esteticamente se vi sono superfici curve concave o convesse la carta sul davanti garantisce che in ogni punto la larghezza delle fughe rimanga identica, mentre col materiale su rete càpita che nelle curve concave la fuga si stringa e in quelle convesse si apra;
2 – Se è necessario procedere con posa a strisce, la carta garantisce facilità nell’ottenere e nel curvare le strisce secondo necessità, mentre le strisce di mosaico su rete di fibra di vetro o su film vanno flangiate, con risultati discutibili, oppure, per aree limitate, posate una per una, con gran perdita di tempo;
3 – Con la carta sul fronte è possibile regolare la larghezza -nel caso si rendessero necessari piccoli aggiustamenti di misura- semplicemente tagliando la carta col cutter e allargando o stringendo impercettibilmente le file – operazione che va eseguita con opportuna abilità ma che risolve tanti problemi, mentre non è possibile fare lo stesso con la rete, in quanto si andrebbe ad incidere l’impermeabilizzazione; il film, poi, impedisce di capire bene le modifiche effettuate.
In questo caso non vi erano alternative in quanto il particolare mosaico scelto, di cubetti di marmo anticato, dato il suo peso è disponibile solo su rete. Però, trattandosi di rete di cartone sensibile all’umidità, per gli aggiustamenti abbiamo potuto contare sul suo ammorbidimento, che ha consentito una certa mobilità dei fogli; in secondo luogo, lavorando per lo più con posa a strisce, abbiamo curato di distribuire uniformemente l’irregolarità causata dagli sfalsamenti, cercandola anche laddove si sarebbe potuto andare ortogonalmente, e questo ha permesso di mascherare meglio eventuali piccole differenze di fuga.
A partire da questo livello della greca si procede a fare tutto il giro
e si incontra la buca dello skimmer, che avevamo appositamente stondato
e da qui, dopo aver contornato gli oblò
si scende, con strisce sempre più strette, in quanto in basso aumenta la concavità
si posano i raccordi
dopo le pareti si passa ai gradini, con la particolare posa a file singole che ha molto stupito gli americani…
A questo punto, dopo un’accurata pulizia, si è passati al fondo, e prima di tutto si è fatta una prova posando tutti i fogli a secco per capire come “giravano” – per quanto attenuata e corretta si trattava pur sempre di una conca a fagiolo.
E finalmente abbiamo svegliato i delfini, che dormivano nelle loro casse da un anno e passa…
li abbiamo posati sui fogli simulando l’effetto finale e passando un pomeriggio intero con il cliente per definire la posizione precisa
in quanto le misure effettive del fondo erano piuttosto diverse dal previsto
Poi abbiamo tolto tutto, segnando ciò che era possibile, e pezzo per pezzo abbiamo scontornato i fogli intorno a ciascun delfino e incollato di nuovo tutto l’insieme, in modo da poter calibrare e aggiustare le congiunzioni a colla fresca.
Posato in questo modo tutto il fondo ( passaggio qui risolto con due immagini, ma in realtà è stato un lavoro lungo e di assoluta precisione, quasi di mosaico artistico) ci siamo occupati del raccordo intorno al fondo stesso
precisando il contorno in linearità e larghezza
e poi incollando le strisce di raccordo, ovviamente separate tra loro a causa della differenza di raggio.
La posa è completata!
FASE CINQUE: STUCCATURA
Arrivati qui cominciavamo a vedere la fine, dopo un lavoro che era stato assai più impegnativo del previsto.
Per fortuna ogni tanto ci accorgevamo del cielo sopra di noi
sì, un cielo decisamente viola, come non si vede in Italia… E poi
il colibrì, che ogni tanto si faceva un giro a razzo nei fiori della buddleia…. beh, non era proprio questo, non siamo mai riusciti a fotografarlo, ma era assolutamente identico!
E quindi stuccatura, con i tempi che stringevano:
prima la parte rosso verona con color terracotta, mascherando perfettamente il sottostante marmo -bianco e assorbentissimo- e poi un grigio chiarissimo (light warm gray) scelto appositamente per la sua somiglianza di tono al carrara, per accentuare l’effetto “piscina di marmo”
e finalmente vedere il lavoro quasi finito… ma lo stucco non sopportava le alte temperature del giorno (oltre i 23 gradi diventava estremamente difficile da pulire, ben prima dei 30 indicati) e così…
si arrivava spesso alla notte, con la solita temperatura che colava a picco.
SESTA E ULTIMA FASE: IMPREGNATURA
In realtà prima dell’impregnatura, che è davvero l’ultimo momento del lavoro, e per la quale abbiamo dovuto aspettare alcuni giorni perchè il marmo si asciugasse il più possibile dopo le abbondanti sciacquature della stuccatura, c’è la lunga e paziente fase del controllo:
un giorno intero a scansionare tutto il rivestimento, metro per metro, in cerca sia di minime imperfezioni dello stucco che di eventuali sporgenze, evento che in un mosaico standard è abbastanza eccezionale, ma qui, avendo metri e metri di scontornatura e quindi migliaia di tessere tagliate a triangolo, è capitato che ci fossero una buona dozzina (su circa 324.000 tessere) di piccoli pezzi non perfettamente livellati, che in futuro avrebbero potuto dare noie a chi fosse passato a piedi nudi…
Ma finalmente arriva la chiusura lavori:
Ecco, siamo finiti! come direbbe qualcuno…
Un totale di 33 giorni lavorativi, con giornate anche di 12 ore, ma alla fine:
e infine…
La morale di questa storia è che non esistono difficoltà insuperabili per un artigiano italiano che ami il suo lavoro.
Dico italiano perchè da quel poco che ho visto mi sembra – potrei sbagliarmi – che i contractors americani non brillino per creatività e spirito di collaborazione…
ma alla fine la piena soddisfazione di un cliente estremamente pignolo ed esigente è stata una buona ricompensa…
PS: ringraziamo Laura Gaddo e Matteo Bevini di Tridentum, che ci hanno brillantemente risolto tutti i problemi logistici della trasferta !!!